Le noci pecan

Diverse, deliziose, tutte da conoscere e provare in cucina e pasticceria: ecco cosa sono, da dove provengono e come usare le noci pecan

Le noci pecan

E’ difficile che a qualcuno non piacciano le noci: basti pensare alla sensazione di pacata rilassatezza che ci invade quando siamo di fronte a un vassoio colmo di frutta secca mista, quando iniziamo ad assaporare già il piacere di romperne il guscio per degustare il magico contenuto. Ed è innegabile che l’interesse salga ancor più se, tra le varietà da noi più diffuse, compaiono anche alcune novità provenienti da altre parti del mondo, come la noce pecan.

Pianta originaria del Centro America, dove era già molto diffusa nell’era precolombiana, il nome botanico di questa specialità esotica è Carya illinoensis o Carya olivaeformis (famiglia delle Juglandacee come il noce comune) e negli altri Paesi del mondo l’interesse per questa specie è piuttosto recente. In Europa è quasi del tutto sconosciuta come pianta da frutto, forse schiacciata dalla grandissima notorietà della noce comune, mentre negli USA le noci pecan cominciarono ad essere coltivate già nel 1846. 

Eppure questa specie può adattarsi molto bene al clima del bacino mediterraneo e non solo nelle regioni più calde, ma anche in quelle poste a nord. In Sicilia, Lucania e Campania ve ne sono esemplari di notevole dimensioni, regolarmente in produzione ed anche qualche impianto specializzato. Si tratta di un albero che può diventare centenario, raggiungendo una dimensione del tronco che può arrivare anche a due metri di diametro (il che vuol dire una circonferenza di ben sei metri e più!). 

La fioritura è simile a quella del noce comune, con amenti (infiorescenze allungate e pendule, ndr) che portano fiori maschili e femminili distinti, ma non formanti amenti, bensì raggruppati in piccoli gruppi (si tratta di una pianta monoica, cioè a fiori con sessi distinti ma presenti sulla stessa pianta); il frutto è una noce (botanicamente è una drupa - come le pesche, le albicocche, le olive, le susine, le mandorle, ecc.) a guscio liscio e sottile, di colore marrone, a forma di oliva e di grandezza variabile  in media 1-3 cm) in funzione della varietà, ma normalmente più piccola della noce comune; il gheriglio ha un sapore gradevole e la resa sgusciata è sempre elevata (intorno al 50%). 

Le varietà di noci pecan conosciute sono molto numerose (circa 500) e tra le più importanti si ricordano quelle americane come Barton, Cheroke, Mahan, Comanche, Western, Colby, Frutoso. In media per ottenere un chilo di noci pecan ci vogliono da 80 fino a 140 noci (in base alla loro grossezza), la resa in sgusciato mediamente è pari al 55-60%, e anche la resa in olio è elevatissima (pari al 77-78%). 

Il noce pecan richiede preferibilmente un inverno freddo e piovoso (come molte specie fruttifere nostrane tipo pesco, albicocco, susino, ecc.) per potersi sviluppare al meglio. In caso di inverno troppo mite, infatti, la pianta non entra in completo riposo e ciò ne compromette il vigore vegetativo e le successive produzioni di frutti. La pianta una volta che ha perso le foglie (non è una sempreverde) resiste anche a 7-8°C sotto zero e fiorisce abbastanza tardi, riuscendo così a sfuggire alle gelate tardive primaverili. 

Il noce pecan sopporta bene anche la siccità, ma se si vuole attuare una coltivazione da reddito è necessario irrigare regolarmente le piante anche per consentire alle piante di sopportare bene il calore torrido. Per quanto riguarda il terreno, non ha particolari esigenze, anche se naturalmente produce meglio e di più nei terreni fertili.

In quel di Caserta esiste un noce pecan secolare, che con i suoi semi ha originato molte altre piante nei dintorni della zona. Infatti il noce pecan si riproduce per seme abbastanza facilmente: il seme si mette in acqua per alcuni giorni per ammollarlo, quindi si pone nel terreno al 2-3 cm di profondità e orizzontalmente per facilitare l’emissione e la discesa nel terriccio della radichetta, che spunta dalla parte apicale del seme. 

La raccolta si effettua da ottobre a dicembre a seconda della varietà (normale, tardiva o precoce). In Italia il noce pecan è coltivato specialmente in Sicilia e Puglia, mentre nel mondo i maggiori produttori sono USA, Brasile, Israele e Australia.   

A livello nutrizionale, la composizione della noce pecan è molto interessante: 100 grammi di gherigli sono composti da 7% proteine, 7% fibra alimentare, 7% grassi saturi, 18% grassi polinsaturi, 42% grassi monoinsaturi, nonché da un concentrato di minerali e vitamine tra i quali magnesio e manganese, potassio, fosforo, calcio, ferro, zinco, rame, selenio, tiamina, vitamina E, vitamina A, vitamina B e vitamina C. Tali caratteristiche la rendono tuttavia una frutta secca tra le più ricche in calorie in assoluto, dal momento che apporta 705 kcal ogni 100g di prodotto. 

La ricchezza in acidi grassi monoinsaturi, specialmente acido oleico, rendono le noci pecan sì caloriche ma dalla composizione simile alle olive, dunque un ottimo antiossidante naturale e validissimo elemento per prevenire le malattie coronariche e dell’apparato circolatorio. L'assunzione regolare (e contenuta) di noci pecan aiuta ad abbassare i livelli di colesterolo cattivo, previene l’insorgere dell’ictus e sono in corso studi per confermarne il ruolo positivo anche nella prevenzione dei tumori. 

In cucina le noci pecan saranno un’ottima nuova alternativa alla più comune frutta secca nazionale per scoprire nuove sfumature dii gusto, all’interno di pani e grandi lievitati, in quiche e torte salate, e perché no per entrare a far parte di una salsa a freddo per la pasta. 

In pasticceria le noci pecan sono tutte da scoprire: perfetto il loro abbinamento con ingredienti principi come il cioccolato, il caramello, le creme. Si potranno preparare muffin, crostate e saranno ottime anche delle confetture da arricchire con noci pecan tritate grossolanamente (come la confettura di fichi o quella di pere). In America è di tradizione la preparazione della Pecan Pie, una torta piuttosto calorica costituita da un fondo di pasta frolla farcita con noci pecan e sciroppo di zucchero o d’acero. Da assaggiare almeno una volta nella vita…ma non più di una fetta!
 

Note bibliografiche e sitografiche

  • Grimaldi-Lorenzetti-Bonciarelli, Coltivazioni arboree, Edagricole
  • G. Tassinari, Il manuale dell’agronomo, Ed. R.E.D.A.
  • AA.VV., Merceologia degli alimenti, Ed. AIS
  • www.cure-naturali.it
  • www.agraria.org

Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

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