Frutti tra i più carismatici in cucina, vi presentiamo le pere come spunto per abbinamenti nuovi, insoliti e da scoprire
Un formaggio simbolo della cultura casearia lombarda: scopriamo cos’è, come nasce e come usare in cucina il quartirolo, lo “strachin de milan”
I formaggi tipici della Lombardia sono davvero numerosi e di grande qualità e singolarità (basti pensare a Bitto, Gorgonzola, Formai de Mut, Grana Padano, Provolone Valpadana…); ma il quartirolo, formaggio, che si produce in questa regione sin dal X secolo (come emerge da scritti di monaci benedettini dell’anno Mille, con riferimento al bergamasco e al lecchese), rappresenta al meglio il pensiero e l’agire delle passate generazioni contadine.
Accade cioè che noi, in genere, non vediamo, presi come siamo dalla fretta di fare la spesa al supermercato, guardando magari solo il prezzo, la scadenza, la composizione di un dato prodotto, quanto lavoro c’è dietro un prodotto, e questo vale anche per i formaggi. Specialmente quando compriamo un formaggio, dovremmo pensare che dietro di esso esiste una grande storia tramandata, e quella del quartirolo lombardo parla di povertà e necessità di non buttare via nulla di quello che l’agricoltura (e il buon Dio) ci mette a disposizione.
Già il nome dice tutto: il quartirolo si chiama così perché si arrivava a sfruttare tutta l’erba che un prato o un pascolo produceva nell’anno, anche quella sfalciata alla fine dei turni pascolamento a fine estate, quando si rientra dalla transumanza. L’erba quartirola non era altro, infatti, che quella ottenuta sfalciando il pascolo dopo il terzo turno di pascolamento a fine estate, termine della transumanza nelle aree ci collina e di montagna delle splendide province lombarde di Brescia, Bergamo, Como, Lecco, Cremona, Milano, Lodi, Monza – Brianza, Pavia e Varese, aree nelle quali oggi si produce il Quartirolo Lombardo DOP (riconoscimento con Reg. CEE n. 1.107/96).
Molti avrebbero forse portato i bovini giù in pianura per l’autunno e l’inverno, senza preoccuparsi di utilizzare fino all’ultimo sfalcio di erba pascolativa di montagna, ma la consapevolezza che in inverno avrebbero avuto a disposizione solo paglia, fieni e granaglie per alimentare i bovini da latte, con conseguente latte e formaggio di qualità inferiore, stimolava i più ad alimentare le bestie anche con l’erba quartirola (probabilmente anche con la quintarola) pur di ottenere un formaggio di qualità, difficile da ottenere nelle stagioni fredde. Oggi il quartirolo lombardo si produce tutto l’anno (prima solo a fine estate), per cui questo forte legame con l’erba quartirola si è attenuato, lasciando solo il nome legato a tale usanza del passato.
Il latte usato per il quartirolo è quello vaccino, crudo o pastorizzato (il primo si riscalda fino a 37-38°, il secondo oltre tale limite fino a massimo 75°C per pochi minuti, con influenza ovviamente su quali saranno i microrganismi che agiranno nel trasformare il latte in formaggio), derivato da due mungiture consecutive (di solito la serale e la successiva all’inizio del giorno successivo, ma possono essere due mungiture non consecutive), usando intero quello della prima e, volendo, parzialmente o totalmente scremato quello della seconda. A conferma di quanto detto, la coagulazione del latte avviene o con latte riscaldato a 35°C (latte crudo) o al massimo fino a 44°C (latte pastorizzato), con aggiunta eventuale di latte-innesto o fermenti selezionati (visto che il latte si può anche pastorizzare).
A seguire si aggiunge il caglio di vitello, e la cagliata si forma dopo circa 25 minuti; la cagliata viene fatta riposare dopo un prima grossolana rottura (per favorire lo spurgo del siero), per poi essere rotta più finemente dimensione di nocciola); la cagliata viene posta quindi in forme parallelepipede quadrate, imprimendo il marchio DOP, ponendole poi in stufatura a 24-30°C (per minimo 4 ore e massimo 24, facendo lentamente decrescere la T in funzione del grado di acidità che si vuole far raggiungere alla pasta e conferire il voluto prosciugamento, con frequenti rivoltamenti, per dare al formaggio fresco la sua struttura). Segue la salatura a secco (tradizionale, per un sapore più delicato) o in salamoia (attuale), fatta in locali freschi e durata decisa dal produttore (T tra 10 e 14°C); si passa infine alla stagionatura, di 2-30 gg per il tipo fresco, oltre 30 gg per il tipo maturo o stagionato, sempre a 2-8°C e UR di 85-90%. Come per la stufatura, anche durante la stagionatura il formaggio viene rivoltato spesso e trattato con spugnature di acqua e sale, senza alcun trattamento della crosta.
La composizione in nutrienti del quartirolo evidenzia la sua leggerezza e digeribilità: 100 g di questo formaggio apportano in media 297 kcal (quasi come mozzarella e crescenza), 18,5 g di proteine, niente zuccheri (sono stati trasformati dai batteri e dai lieviti durante la preparazione del quartirolo), minimo 30 g di grassi (in rapporto alla s.s.) per cui si tratta di un formaggio semigrasso.
Una volta pronto, il quartirolo viene immesso in commercio come formaggio classico molle da tavola, di forma parallelepipeda quadrangolare il cui lato varia da 18 a 22 cm, scalzo (cioè altezza) dritto di cm 4-8, peso oscillante tra 1,5-3.5 cm. Altro elemento visibile è la crosta del formaggio (presente in sostanza solo nelle forme con maturazione di almeno 30 gg, con denominazione “maturo”), che si presenta sottile, morbida, dal colore variabile in funzione della durata della stagionatura: bianco rosato per la prima stagionatura (minimo 5 gg), grigio verde o rossastra per una maturazione più avanzata (minimo 30 gg). Al taglio la pasta del quartirolo è compatta, un pochino grumosa, con lievi anfratti, appena friabile, divenendo più morbida, compatta e fondibile col passare del tempo. Il colore della pasta varia da bianco a paglierino, più carico nelle forme più stagionate (mature). Il sapore del quartirolo è dolciastro, appena acidulo, con sentori di retrogusto di tipo aromatico e delicato.
A tavola il quartirolo si sposa innanzitutto benissimo con il pane lombardo, ma ovviamente con qualunque buon pane locale, specialmente se cotto a legna e ottenuto con lievito madre, insieme a un filo d’olio evo, pepe e sale; ovviamente oltre al pane possiamo prendere in considerazione crostini, bruschette e similari: attenzione però a gustare il formaggio sempre a temperatura ambiente. E’ possibile preparare anche ottime ricette in cui il quartirolo apporta il suo prezioso contributo con la sua morbidezza, profumo e dolcezza. Molto gradevoli gli antipasti freddi con quartirolo, unito a carni, verdure, insalate, salumi, ecc.
Tra i primi piatti, le preparazioni più diffuse vi sono risotti e primi piatti classici (con la zucca, il radicchio, spinaci, zucchine, asparagi o funghi abbinati al quartirolo), anche ripieni. Anche i secondi piatti non sono da meno, potendo preparare ricette con il quartirolo sia su base carnea (involtini, polpette, polpettoni) sia in torte salate, quiches, frittate, sformati, creme (come quella ottenuta frullando il formaggio in brodo vegetale, più erba cipollina, in accompagnamento a verdure cotte). Il quartirolo sarà ottimo anche da gustare golosamente impanato e fritto! Per le caratteristiche proprie già descritte, il quartirolo lombardo viene utilizzato anche per preparare salse (con cui riempire per esempio delle crêpes) e mousse salate, oltre che in abbinamento a frutta fresca come fichi, uva, pere, fichidindia, miele, oppure mista ad insalate con quartirolo tagliato a dadini e ben freddo.
Il vino da abbinare al formaggio quartirolo dovrà tenere conto della tendenza dolce, della lieve aromaticità, della grassezza (assenti succulenza e untuosità): ci orienteremo su vini bianchi giovani, aciduli, magari vivaci, non troppo profumati, non troppo alcolici (11-12°).
Note bibliografiche
- Mensile “Il Mio Vino”; Ed. Il Mio Castello
- AA.VV., Merceologia degli alimenti, Ed. AIS
- AA.VV., Tecnica dell’abbinamento cibo – vino, Ed. AIS
- Mensile “Origine”, Ed. L’informatore Agrario
- T. Sicard, Atlante dei formaggi. Origini, territorio, abbinamenti, Ed. G. Tommasi
- Mucchetti – Neviani, Tecnologia casearia, Ed. Tecniche Nuove
- L. Veronelli, Bere giusto, Ed. BUR
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