L'ultima fetta di panettone

È quella che si consuma oggi 3 febbraio in Lombardia in occasione della festa di San Biagio, protettore di naso e gola: scopriamo il perchè

L'ultima fetta di panettone

25 dicembre – 3 febbraio: sono trascorsi 40 giorni dal Natale, eppure oggi la tradizione popolare lombarda ci ricorda di mangiare al mattino, appena svegli, una fetta di panettone, uno di quelli avanzati da regali e scorte delle feste che sicuramente si trovano ancora adesso in molte case italiane.

A ricordarcelo è niente meno che la leggenda legata a San Biagio, di cui ricorre in questa data la celebrazione della Chiesa cattolica che ne ricorda la vita e il miracolo.  Biagio era un medico armeno vissuto nel III secolo d.C. e si narra che compì il miracolo quando una madre disperata gli portò il figlio morente per una lisca di pesce conficcata in gola. Il medico allora gli diede una grossa mollica di pane che, scendendo in gola, rimosse la lisca salvando così il ragazzo.

Dopo il martirio, Biagio venne proclamato Santo e dichiarato protettore di naso e gola, come dicono i lombardi “San Bias el benediss la gola e él nas”. A questo risale peraltro il rito della benedizione della gola compiuto con due candele incrociate (che vengono benedette il 2 febbraio, giorno della Candelora). Ma cosa lega il Santo, Vescovo di Sebaste, all’ultimo panettone dell’anno, a quello avanzato che, come tradizione vuole, deve essere benedetto e consumato proprio il 3 febbraio?

La risposta la troviamo in un’altra storia, una leggenda popolare legata ad un miracolo, successiva la vita di San Biagio e precisamente alla vicenda che narra di una donna che, prima di Natale, portò ad un frate milanese un panettone che lei stessa aveva preparato per la sua famiglia, perché lo benedicesse. Essendo molto impegnato, il frate che si chiamava Desiderio e che si dice essere uomo molto goloso, le disse di lasciarglielo e passare nei giorni successivi a riprenderlo. La donna però se ne dimenticò e frate Desiderio, dopo averlo benedetto, iniziò a mangiarlo finché si accorse di averlo finito.

La donna si presentò a chiedere il panettone benedetto proprio il 3 febbraio, giorno di San Biagio. Il frate mentre si apprestava a riconsegnare l’involucro vuoto alla donna scusandosi, per quanto accaduto, si accorse che proprio su quel piatto vi era un grosso panettone, il doppio rispetto a quello lasciato dalla donna. Era stato un miracolo, il miracolo di San Biagio che per questo diede avvio alla tradizione di portare un panettone avanzato a benedire in questa data e poi mangiarlo a colazione per proteggere la gola.

Tradizione vuole che il panettone sia avanzato, meglio se un po' raffermo, ma se non ve n'è avanzato, approfittatene pure per comprarlo! In alternativa, nelle altre regioni d’Italia, si fanno benedire dolcetti vari o del semplice pane che poi va condiviso a pranzo con tutti i commensali; in questo modo la benedizione del Santo a protezione della gola giunge a tutti coloro che mangiano di quel pane benedetto.

La festa però non è finita qui, perché per San Biagio è tradizione mangiare non solo avanzi del lievitato meneghino più noto, ma anche una torta, la torta di San Biagio di Cavriana, un prodotto De.Co. a base di mandorle, tipica del mantovano. Gli ingredienti previsti dal disciplinare ammettono solo prodotti senza ogm, zucchero, uova fresche, mandorle non pelate, cioccolato fondente (minimo al 55%), rum distillato, limone, vaniglia in bacca e strutto, mentre il burro deve essere in quantità massima del 50% rispetto allo strutto. Ingrediente principale ovviamente le mandorle di Cavriana dal gusto particolare e intenso che veniva addirittura considerato afrodisiaco e particolarmente apprezzato già dai Gonzaga che ne acquistavano in abbondante quantità per deliziare il palato dei nobili di corte.

Photo via Pexels / Wikimedia Commons

Scritto da Viviana Di Salvo

Laureata in lettere con indirizzo storico geografico, affina la sua passione per il territorio e la cultura attraverso l’esperienza come autrice televisiva (Rai e TV2000). Successivamente “prestata” anche al settore della tutela e promozione della salute (collabora con il Ministero della Salute dal 2013), coltiva la passione per la cultura gastronomica, le tradizioni e il buon cibo con un occhio sempre attento al territorio e alle sue specificità antropologiche e ambientali.

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