Identikit della pizza di qualità

Il “terzo grado” ad ingredienti e procedimenti per una scelta consapevole del prodotto da forno che amiamo di più

Identikit della pizza di qualità

Patrimonio dell’umanità! E’ la pizza, l’orgoglio di Napoli, dell’Italia e oramai del mondo intero, trattandosi probabilmente del prodotto di origine nazionale tra i più diffusi e amati oramai da parte a parte del pianeta. Ma “gustare una buona pizza” non rappresenta però soltanto l’atto di mangiarla, ma anche sempre più  capire cosa si sta mangiando, quali sono gli ingredienti che la compongono e i procedimenti utilizzati per produrla, e soprattutto se sono di qualità.

Partiamo dalle farine. In pizzeria verificare la qualità delle farine e delle sue proprietà nella fasi di impasto e lievitazione non è sempre facile, a meno che non ci sia un’adeguata e trasparente informazione.

Nel nostro Belpaese abbiamo la fortuna di avere ancora pizzaioli con un ottimo know-how che sanno bene cosa è una farina, conoscono il glutine e il lievito, e dunque sono ben consapevoli di come trattarle. E’ anche vero però che vi sono anche realtà che  utilizzano farine scadenti o molto raffinate per risparmiare, e questo  porta ad un impasto che perde la sua resistenza in pochissimi minuti.

Ma facciamo un excursus sulle farine appunto. La scelta della farina è chiaramente soggettiva, ma è l’utilizzo di farine con la giusta forza - cioè la capacità di resistenza dell’impasto alla lievitazione - che  permette di ottenere una pizza nel cui impasto tenacità ed elasticità risultino equilibrate. Più a lungo una pizza viene lievitata, e più la farina utilizzata deve avere una forza appropriata nel processo della lievitazione.

L’utilizzo delle farine rimane sempre una scelta del pizzaiolo, ma bisogna precisare che l’utilizzo di una farina tipo 1 quindi poco raffinata, riesce a mantenere un gusto e un sapore molto graditi al palato. Per questo anche in casa si consiglia di ricercare una farina non tipo 0 o 00.

Con la tipo 1 inoltre l’assorbimento dell’acqua è migliore e questo permette una migliore lavorazione e maggior digeribilità e con maggiori sostanze nutritive. Una farina “grezza” dà completezza al prodotto dal punto di vista nutritivo e produttivo.

Poi c’è il lievito. Quello di birra è il più utilizzato nelle pizzerie e nelle case per la creazione dell’impasto. Precisiamo subito che il nome deriva dai “funghi” del lievito come quelli presenti nei residui nella fermentazione della birra. E’ un prodotto industriale che compatta i microorganismi di un unico ceppo in un panetto. Per riattivare il lievito di birra si consiglia sempre l’uso di acqua tiepida, la cui temperatura aiuta la riattivazione dei lieviti, che innescheranno i processi di lievitazione.

Quest’ultima sarà più veloce utilizzando lievito di birra rispetto al lievito naturale (madre). Naturalmente il lievito di birra deve essere utilizzato nella giusta quantità e nel rispetto i tempi di maturazione della farina utilizzata. Ad esempio, se si vorrà ottenere una pizza veloce (come spesso facciamo a casa) utilizzeremo generalmente il panetto intero (20-25g) su 1kg di farina debole (0/00), ed essendo una generosa quantità, l’impasto non impiegherà più di poche ore per lievitare bene.

Invece, se si vorrà utilizzare una farina più forte (1, 2 o ancor meglio le tipologie in cui il parametro della forza è indicato esplicitamente sulla confezione con la lettera W e con un valore numerico generalmente superiore a 300), per idrolizzare bene le sue componenti sarà necessario aggiungere solo una piccola quantità di lievito (in genere 3-5g, ma dipende naturalmente dalle ricette) e lasciar lievitare l’impasto per circa 24 ore e rigorosamente in frigorifero (le basse temperature rallentano la crescita dei lieviti, lasciando “maturare” la pasta gradualmente).

Dopo questo tempo di maturazione, l’impasto viene posto a temperatura ambiente e lasciato lievitare classicamente. La differenza finale del prodotto cotto si noterà in fatto di crosta, di consistenza, e soprattutto di digeribilità.

Le pizze prodotte con lieviti madre sono invece sicuramente ancora più pregiate. A differenza del lievito di birra, il lievito madre è composto da acqua e farina lasciati “contaminare naturalmente” dai lieviti, frutto di un fenomeno naturale (che corrisponde anche a quello più ancestrale per la produzione del pane).

In un impasto per pizza al lievito madre, si hanno una moltitudine di ceppi di miceti e batteri lattici, dai tempi e modalità di sviluppo differenti nell’impasto, che danno luogo a maturazioni più prolungate ma in grado di dar luogo a prodotti dal sapore, dal profumo e dalla digeribilità letteralmente impareggiabili.

I due tipi di lievito (di birra e madre) non si possono trattare allo stesso modo. Le pizze con lieviti naturali sono quelle più digeribili proprio per la necessità di una maggiore lievitazione e durata dell’azione dei microorganismi. Una fermentazione lunga rende la pizza un pasto più nobile e coerente con la ricetta tradizionale.

E’ curiosamente la fermentazione lattica che dà anche garanzie di mangiare una pizza dalle caratteristiche ottimali: qualche pizzaiolo utilizza infatti l’acqua di conservazione della mozzarella di bufala perché contiene molti fermenti lattici che possono implementare i sapori in un impasto classico con lievito di birra, ammorbidendo anche la stessa acidità da lui sviluppata nella pasta.

Ma passiamo ad un altro aspetto della qualità della pizza. A volte avremo sentito parlare di autolisi: rende più elastica la maglia dell’impasto grazie alla modifica da parte dell’acqua delle proteine presenti. Rappresenta una “pausa“ di mezz’oretta che ogni pizzaiolo osserva per rendere l’impasto perfettamente lavorabile ed elastico. Capita spesso per chi fa la pizza in casa di vedere per esempio nel momento della lavorazione che l’impasto si ritiri subito, appunto come una forza elastica troppo sviluppata.

L’impasto in questo caso non è stato fatto riposare sufficientemente. E’ importante consumare una pizza che abbia seguito anche questo procedimento, perché spesso troviamo prodotti preparati molto velocemente, dunque poco digeribili nel risultato finale.

Tralasciando lunghe digressioni che andrebbero fatte anche in merito agli ingredienti di condimento, infine un’informazione chiara di cui essere a conoscenza è l’ambiente di lavoro. Vedere una pizzeria pulita, con banchi di lavoro puliti e il personale in ordine, è sintomo di igiene. Non è bello notare scatole di pomodoro abbandonate o bottiglie di olio di oliva - a volte neanche extravergine – lasciate aperte.

L’approccio del consumatore dovrebbe partire sempre dall’indagine visiva, perché la pulizia e la chiarezza di ciò che succede nella pizzeria sono fondamentali. Ma questo anche perché ci sono locali che utilizzano impasti per pizza già pronti e surgelati: si tratta in primis di prodotti industriali con additivi e con una pasta che risulta spesso troppo legata e pesante.

Sono prodotti con oli diversi dall’extravergine di oliva, e spesso arricchite con zuccheri semplici, non tanto salutari come ormai tutti sanno. Inoltre emulsionanti e conservanti sono certamente anche loro protagonisti.

Con queste righe ho cercato di informare brevemente su quali siano le procedure principali per la produzione della pizza, per rendersi conto di come effettivamente lavori il proprio pizzaiolo di fiducia. Chiedere pertanto quale farina o lievito si stia utilizzando già ci fornirà un’idea sull’aspetto nutritivo della pizza e sulla sua qualità organolettica.

Laureato nel 1994 in Scienze Politiche, ad indirizzo Politico Internazionale, presso l’Università La Sapienza di Roma., attualmente svolge il ruolo di consulente aziendale per lo sviluppo commerciale e del marketing nel settore food . Iscritto all’ordine dei Giornalisti Pubblicisti del Lazio dal 2001. Appassionato di giornalismo d’ inchiesta sul cibo. 

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