L’isola delle…sarde

Interpretazioni siciliane di un ingrediente che in cucina non teme né il tempo né le mode

L’isola delle…sarde

La sarda è un pesce azzurro, a mio avviso, ancora poco apprezzato, seppur diffusissimo nei nostri mari, nonché un vero must in tante ricette della tradizione siciliana. A suo favore non c’è solo l’intenso sapore, ma anche un prezzo accessibile ed un ottimo apporto nutrizionale. Oggi la sarda è fiera protagonista della tavola che prende ispirazione dalle ricette della cucina povera locale, ma è diventata al tempo stesso oggetto di rivisitazioni gourmet, ricercate e moderne.

Accompagnandovi in un viaggio virtuale in Sicilia, tra le ricette che prevedono l’uso di questo meraviglioso pesce, vanno per la maggiore - anzi la fanno da padrone - la "pasta con le sarde" e le "sarde a beccafico", meno note fuori dalla regione, e delle quali i catanesi rivendicano la proprietà intellettuale. Ma questo rientra nelle faida gastronomica in atto da millenni tra le principali città situate nelle medesime regioni sparse per tutta l’Italia.

Le sarde sono un pesce così di successo che a Palermo - dove secondo me si mangia meglio e con dei sapori ancora caserecci (tiè! - sulla pasta con le sarde aleggiano aneddoti e modi di dire d'ogni sorta. Ve lo racconterò in seguito.

Come dicevo, i piatti di pesce made in Sicily sono tanti e soprattutto assai famosi in tutto il mondo; penso ad esempio al pesce spada alla siciliana, le grigliate di gamberi di Mazara del Vallo o ancora la pasta con i ricci. Tra questi, spiccano con forza la pasta con le sarde e ancor meno, gli involtini a “beccafico”. Benché entrambi rientrino nei P.A.T. (prodotti agroalimentari tradizionali, ndr) riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, la loro diffusione extra-regionale è piuttosto basta.

Insomma, è uno di quei piatti sui quali - a meno che non siate siciliani, ovviamente - è più frequente sentir dire “non vedo l’ora di andare in Sicilia / in quel ristorante siciliano per mangiare l’originale” piuttosto che “domani mi preparerò una bella pasta con le sarde”. E c’è forse più di un motivo.

La bassa diffusione di queste preparazioni nel resto d’Italia deriva in tutta probabilità anzitutto dal fatto che si tratta di ricette semplici e complesse allo stesso tempo; la maggiore difficoltà nella corretta pulizia dello stesso pesce. Per tale ragione, se sarete invogliati a cucinare questi piatti senza essere particolarmente ferrati, vi consiglio di comprare la materia prima da un pescivendolo esperto ma anche disponibile a eviscerarle e pulirle a dovere.

Una volta recuperato il pesce, in questa pasta elemento cardine è anche il finocchietto selvatico: un vero trionfo di profumi per il palato – anzi proprio fino alla gola - ma il cui reperimento è ahimè sempre più difficile anche nella sua naturale stagione, quasi fosse un prodotto vittima di proibizionismo. Dunque un altro deterrente alla preparazione dell’originale. Nelle sarde a beccafico invece, risulta importante l’aromatizzazione con l’arancia ma anche con l’alloro, più facilmente reperibili.

In entrambe le ricette altresì, troverete l’uvetta, i pinoli e il pangrattato. Sempre nella pasta, c’è anche lo zafferano - che da noi si usa come il tè in Inghilterra - e in alcune province, nell’agrigentino per lo più, l’estratto del pomodoro. Nell’involtino di sarde, invece, le varianti più sostanziali stanno tutte nell’impasto del ripieno, dove c’è chi aggiunge, a proprio gusto, del prezzemolo e del formaggio a scelta, caciocavallo o parmigiano, per ottenere un sapore più deciso.

Poco prima invece vi raccontavo del legame speciale che unisce i palermitani alle sarde, tanto da far diventare questo alimento uno strumento di scherno ed elemento centrale di una caratteristica espressione verbale locale.

Difatti “pasta chi sardi” è anche un modo di dire, di sott’intendere qualcosa che si è svolto previo accordo sottobanco, soprattutto in ambito calcistico. Ad esempio, durante una partita di calcio o una campagna elettorale durante un ballottaggio, quando un risultato appare fin troppo scontato rispetto al reale, si dice ci fu pasta chi sardi” (c’è stata una pasta con le sarde, una combine). E il palermitano capisce tutto. Una sorta di cassazione del non detto.

Sempre sulla pasta con le sarde che si concentrano almeno altre due variabili verbali criptiche ai non addetti al dialetto, ed è così ad esempio che, se ad un palermitano sentirete dire “mi liccavu a sarda(mi sono leccato la sarda) vorrà comunicare al suo interlocutore di non aver ottenuto quel che desiderava, in genere denaro. Ed è probabilmente anche per questo che i soldi vengono anche chiamati volgarmente “sardella”: “m’ha dare a sardella(mi devi dei soldi).

Tornando all’essenziale, quasi a sberleffo, la pasta con le sarde ha due ricette tutte palermitane che ne connotano la natura povera: la pasta “cu ciavuru ri sarde”, cioè la pasta col solo odore delle sarde e la variante ancora meno ricca “chi sardi a mare(con le sarde a mare). In realtà il motivo di tali espressioni era semplice sin dalla coniazione, le sarde infatti, seppur povere, anche in tempi remoti, erano in ogni caso un piatto per pescatori e per ricchi, per tutti gli altri, non ne restava che l’odore (tutto da immaginare).

Ricette… alla maniera di Carmelo
 

Ingredienti per la pasta con le sarde:

  • Sarde;
  • bucatini;
  • finocchietto selvatico;
  • cipolle dorate;
  • uvetta;
  • pinoli;
  • acciughe sott’olio;
  • olio extravergine d'oliva;
  • zafferano in polvere;
  • sale fino e pepe nero.

Preparazione a modo mio

Comincio col mettere una pentola d’acqua sul fuoco, nella quale immergo il finocchietto selvatico in modo da prepararne un brodo abbondante che poi userò anche per cucinare la pasta. Preparo anche due ciotole con dell’acqua dove faccio rinvenire l’uvetta e lo zafferano mentre in una padella antiaderente, abbrustolisco un po’ di pangrattato.

In una padella soffriggo con un filo d’olio, della cipolla tagliata finemente, una o due acciughe salate e una volta appassita la cipolla, aggiungo le sarde pulite, sale e pepe. Poi aggiungo lo zafferano reidratato, l’uvetta, i pinoli e un po’ di finocchietto tritato. Per evitare che il sugo si secchi, di tanto in tanto, aggiungo il brodo preparato. Una volta rosolate le sarde spengo e lascio riposare.

Intanto rimuovo il finocchietto dal brodo con un colino, e porto il brodo  ad ebollizione aggiungendo il sale necessario. Dentro ci butterò la pasta, il bucatino. Una volta cotta al dente, la scolo, tenendomi da parte un po’ di brodo, e la riverso dentro la padella con le sarde. Dò fuoco al fornello e amalgamo il tutto. Nel piatto, rifinisco spolverando la pasta con il pangrattato e ancora qualche ciuffetto di finocchietto fresco.
 

Ingredienti per le sarde a beccafico:

  • Sarde;
  • alloro;
  • succo d’arancia;
  • fettine d’arancia;
  • miele;
  • pangrattato;
  • prezzemolo;
  • formaggio grattugiato a piacere (meglio se caciocavallo);
  • filetti di acciughe;
  • alloro;
  • uvetta;
  • pinoli;
  • sale fino e pepe nero.

Preparazione a modo mio

Recuperate le sarde preoccupandovi di sceglierle un po’ più grandi di quelle usate per la pasta, e ricavatene i filetti, togliendone la lisca e la testa ma lasciando la coda attaccata all’estremità (la stessa vi aiuterà poi nell’arrotolamento ad involtino). Dopo averle lavate, asciugatele e stendetele su un tagliere.

A parte, preparate la farcitura: cominciate col versare in una ciotola il pangrattato, dell’olio, le acciughe tagliate a pezzetti, il prezzemolo, il formaggio, l’uvetta, il sale e il pepe. Amalgamate il tutto al meglio cercando di non rendere troppo unto il composto.

Una volta ultimato, prendete i filetti e farciteli dal lato delle carni con il preparato, poi arrotolateli dalla testa verso la coda aiutandovi con la coda. Disponete gli involtini sulla teglia e ai lati inserite foglie di alloro e fettine di arancia.

In una brocca preparate un po’ di succo d’arancia e aggiungetevi dell’olio e un po’ di miele. Finite la preparazione versando questo condimento in modo omogeneo sugli involtini, delicatamente ma soprattutto senza annegarli.  

Infornate la teglia a 150°-160°C per il tempo necessario, se poco morbidi o troppo asciutti aggiungete ancora un po’ del condimento rimanente. Una volta pronti, serviteli a temperatura ambiente.

Buon appetito!

Scritto da Carmelo Di Gesaro

Palermitano e blogger dal 2006, ama la cucina di qualità e lo street food. Ideatore del sito di giornalismo partecipativo fascioemartello.it, dove ha introdotto nel 2010 le “ricette in un minuto”, nel tempo libero gli piace raccontare la società e fare satira. Possiede un blog personale www.carmelodigesaro.org in cui racconta l’attualità in modo del tutto personale.

Negli anni ha scritto per La Repubblica (edizione di Palermo), Balarm, Left avvenimenti, Fanpage e tanto altro, occupandosi di cronaca e politica.

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