Quando il biscotto ha l’uovo in vista

...è certamente Pasqua! Piccolo viaggio nella tradizione regionale italiana alla scoperta di vari e tipici biscotti con le uova sode

Quando il biscotto ha l’uovo in vista

Pasqua: quanto mistero, quanto raccoglimento durante la Settimana Santa, quanta felicità per i cristiani nel giorno della Risurrezione. Gioia che, se dal lato spirituale viene espressa con atti di fede, dal lato festivo vede una vera e propria esplosione di preparazioni gastronomiche tradizionali e storiche, perché quale luogo può essere più idoneo della tavola conviviale per esprimere la gioia più grande, con tante prelibatezze accompagnate sempre con ottimi vini?

Particolarmente diffusi e tipici in Italia sono quei biscotti speciali che portano in vista una o più uova sode, dalle forme classiche pasquali, quali colomba, campana, coniglietto, gallina, cestino, galletto, cavalluccio, pupa (pūpa in latino sta per bambola/fanciullina). In genere per le bambine la forma era di pupa, borsetta, cestino, mentre per i maschietti cavalluccio o galletto. Ma perché l’uovo è ben evidente?

Le spiegazioni dell’usanza sono diverse, correlate o meno alla religione. Per noi cristiani l’uovo (cellula base della vita, sia nel mondo animale di cui l’uomo fa parte, che nelle piante), rappresenta la Risurrezione, il ritorno alla vita di Gesù, con tutte le positive conseguenze per l’anima di chi crede in lui. L’usanza è tipica in particolare dell’Italia Centrale e di quella Meridionale, e sarebbe iniziata, probabilmente, nel 1400 a seguito della definizione di Pasqua dell’Uovo data dalla chiesa di allora alla festa della Risurrezione di Gesù, con conseguente benedizione delle uova, per cui breve è il passo per la trasformazione convinta in una tradizione religiosa.

L’uovo però era scambiato come augurio e auspicio di fertilità abbondanza, ricchezza per il futuro, anche prima del cristianesimo: già i Persiani si scambiavano uova di gallina, finemente decorate, per augurare un anno nuovo ricco di vita e ricchezza, mentre presso i Greci lo scambio avveniva in primavera per festeggiare la dea Demetra (e la figlia Persefone) protettrice  della natura, dei raccolti e delle messi, del grano e dell'agricoltura, responsabile del ciclo delle stagioni, della vita e della morte. 

Una leggenda spiega invece perché in alcune di queste preparazioni pasquali l’uovo compare anche colorato di rosso: sembra che ciò sia da riportare alla Maddalena, alla quale S. Pietro incredulo su ciò che lei riferiva circa la risurrezione di Gesù, disse che avrebbe creduto alle sue fantasie solo se le uova che portava nel paniere fossero diventate rosse. Questo accadde veramente e Pietro credette, correndo subito al sepolcro. Altra leggenda racconta che l’incontro sarebbe stato quello tra la Maddalena e l’imperatore Tiberio, a Roma dove la donna si era recata per convertire anche l’imperatore. Altra spiegazione è che il colore rosso è quello del sangue versato da Gesù per redimere l’umanità, oppure perché il sangue è simbolo della vita, oltre che colore capace di sconfiggere il male. 

Per quanto riguarda la forma, alcuni biscotti “con l’uovo in vista” hanno la forma di gallina perché essa produce le uova, quindi la vita nuova; per taluni anche perché quest’animale pone tanta cura e lotta in difesa dei suoi pulcini, come Gesù fa con chi crede in lui. Passando alla forma di coniglio/lepre, si pensa che essa sia adottata in quanto questi timidissimi animali rappresentano il cambiamento, sia relativamente al colore del mantello che cambia con la stagione, sia perché si strappano ciuffi di pelo (che ricresceranno) per costruire la tana (in natura), accettando quindi il dolore per il bene dei piccoli, sia perché sono simboli di vita nuova per l’elevata prolificità. 

Secondo alcuni, invece, il coniglietto pasquale o di primavera ha origine germanica: nascondeva delle uova che i bimbi dovevano poi cercare, trovandoli solo se erano stati buoni. La colomba bianca ci riporta invece alla pace tra gli esseri della terra e il Creatore, con riferimento all’arca di Noè (di cui al libro Genesi della Bibbia), quando una colomba con un rametto d’ulivo nel becco segnalò la fine del diluvio universale. La forma a campana si rapporta al loro suono squillante di gioia per la risurrezione di Gesù, mentre quella di cavalluccio vorrebbe ricordare l’asinello che portò la Santa Famiglia in fuga da Erode in Egitto, oppure ricordare l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme su un mulo nel giorno delle Palme

Gli esempi di questi biscotti speciali per Pasqua sono tanti e, spesso, si tratta di prodotti molto simili che assumono solo un nome e una forma diversa a seconda della località. Pur caratteristici di regioni italiane differenti, questi biscotti sono accomunati da diversi aspetti. Presentano tutti in bella vista uno o più uova sode col guscio, poste come tali a fine cottura oppure fatte cuocere in forno insieme alla pasta frolla (ma può trattarsi in alcuni casi della stessa pasta utilizzata per realizzare i taralli dolci) e l’aromatizzazione dell’impasto, quando prevista, avviene principalmente con buccia di limone grattugiata

I biscotti con l’uovo sodo in vista sono fatti prettamente a mano, sono di medio-grandi dimensioni e vengono preparati di tradizione dalle donne di casa, con i bambini che da sempre desiderano partecipare sia alla confezione che alla decorazione con tanta allegria. La preparazione avviene sempre nella Settimana Santa, spesso il venerdì di questa, mentre il consumo è del giorno di Pasqua dopo la Messa e la benedizione, talvolta in una colazione tardiva, spesso però anche a fine o fuori pasto, specialmente nella scampagnata di Pasquetta.

In passato erano preparati dalle ragazze per i fidanzati e la forma allora era quella di un cuore, oltre a essere un dono della suocera al futuro genero e addirittura per le condoglianze. Un aspetto curioso sta nel fatto che il numero di uova dovesse essere sempre dispari, tranne che per i fidanzati nel cui caso erano 2; una particolare grandezza del biscotto e un numero maggiore di uova erano riservate agli anziani di casa o a persone importanti.

La copertura dei biscotti italiani di Pasqua con l’uovo in vista è fatta talvolta con glassa bianca (tipo ghiaccia, a base di albume e zucchero a velo), mentre in alcuni casi si spennella il prodotto con albume d’uovo, cospargendolo poi con corallini colorati e argentati, oltre in certi casi a pezzettini di frutta candita. L’uovo che portano in bella vista è sempre sodo e con guscio, e può presentarsi anche colorato di rosso o di altri colori. Le forme classiche sono quelle già citate, ma in molti casi la forma è semplicemente rotonda per ricordare la circolarità della vita eterna la quale non ha fine né inizio, mentre per alcuni vorrebbe indicare il serpente (diavolo) sconfitto che si morde la coda. Ma vediamo brevemente alcuni di questi biscottoni pasquali tipici nazionali.

La rappresentante per eccellenza è la Scarcedda o Scarcella o Scarsedda o Puddica (PAT) è, invece, la rappresentante pasqualina per antonomasia della Puglia, regione in cui è diffusa da Foggia al Capo di Leuca. Consultando i vocabolari di dialetto tarantino (ma vale anche per il resto del Salento) leggiamo << involto di panpepato a forma di panierino, bambola o boccellato, con entro delle uova sane, che si fa nella Pasqua. La voce deriva da “scarsella” che vale “tasca”, “borsa” contenente uova, derivato dallo spagnolo “escarsela” >>, conclusione corretta dato che gli spagnoli hanno governato l’intero Meridione e molte altre parti d’Italia (dal 1559). Ha forma circolare con bordo intrecciato, e si impasta con sugna al posto del burro (maggiore profumo e morbidezza dell’impasto, oltre che per una maggiore alveolatura che conferisce leggerezza al tutto e idoneità ad essere inzuppata nel vino o nel latte a colazione). Alcuni farciscono con marmellata o pasta di mandorle o entrambi il bordo arrotolato e circolare della scarcella, completandola poi col suo bell’uovo sodo. 

La Sardegna si presenta con i tipici Su coccoicun s’ou o Sa pippia cun s’ou, cioè pane con l’uovo (PAT). Si tratta, quindi, non di un biscotto, ma di un pane pasquale (preparato di solito dolce, ma esiste anche la versione salata), fatto con semola (di grano duro) e non con farina di grano tenero. Grazie agli antichi Greci, che si scambiavano auguri festivi con pani e focacce speciali, in Sicilia non è Pasqua senza la Cuddura cu l’ova (PAT col nome di Pupi cull’ova), nome che deriva dal greco kollura o kollouros che vuol dire corona. Il nome cambia con la località: pani cull’ovu, aceddu cu l’ova, pupi cull’ova, campanaru o cannatuni, panareddi, palummedde, ciciliu, cannileri.

La Calabria fa la sua bella figura pasquale con la preparazione della Cuzzupa (PAT), anch’essa ereditata dai greci come per la Sicilia, ma per alcuni dagli arabi (con riferimento a khubz, che vuol dire pane), per i quali era un pane o una focaccia augurale, fatta propria dai cristiani con l’aggiunta delle uova. Le cuzzupe vengo chiamate anche: cuculi, cuddure, cudduraci, sgute. Nella vicina Basilicata la scena pasquale è dominata dalle Panaredd materane, biscotti a forma di cestino (panaredd=piccolo cestino, perché panàr è il paniere), grandi, con un bell’uovo sodo in vista, nel passato cotti nel forno del paese dopo la cottura del pane ivi portato dalle famiglie. vengono chiamate anche Picciddate, vista la partecipazione dei bambini (u’ piccidd è il bambino, a’ piccedd la bambina).

Molise e Abruzzo presentano invece i loro biscotti di Pasqua a forma di cavallo con incisa anche la criniera, o di bambolina con vestitino e volto abbelliti con confettini colorati e altre fantasie dolciarie, cosparsi di glassa detta naspro, fatta con acqua e zucchero semplicemente. Concludiamo con la Liguria ed i suoi Cavagnetti di Pasqua (sono P.A.T. quelli di Brugnago), biscotti pasquali la cui forma ricorda un cestino con manico, cavagna nel dialetto ligure, ma può ritrovarsi anche nelle sembianze di pupa o di cavalluccio.

Note bibliografiche
AA.VV., Colombe e dolci di Pasqua, Ed. Italian Gourmet
Mantovani – Ferrati, Dolci per le feste, Ed. Quadò
La cucina dell’ulivo – Guida enogastronomica della Puglia, M. Adda Editore
R. ed E. Risolvo, Mange e bbive tarandine, Scorpione editrice        

 

 

 

 

 

 

 

Photo by Elena Stante & Luciano Albano

Scritto da Luciano Albano

Laureatosi nel 1978 con lode in Scienze Agrarie, presso l'Università di Bari, si è specializzato nel 1980 in "Irrigazione e Drenaggio dei terreni agricoli" presso il C.I.H.E.A.M. (Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo) di Valenzano (Bari), ha conseguito nello stesso anno anche l'abilitazione alla professione di Agronomo. Fino al 1/3/2018 ha lavorato alla Regione Puglia nell'Ufficio Territoriale di Taranto, quale Responsabile della P.O. "Strutture Agricole". Appassionato di olio e vino ha conseguito il Diploma di Sommelier AIS nel 2005 e ottenuto nel 2008 l'Attestato di Partecipazione alle Sedute di Assaggio ai fini dell'iscrizione nell'Elenco Nazionale di Tecnici ed Esperti degli oli di oliva extravergini e vergini. Fino al 2018 è stato iscritto all'Albo Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali e come CTU presso il Tribunale di Taranto. Ama il food & beverage e ne approfondisce i vari aspetti tecnici, alimentari e storici

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